Il 30 ottobre 2018 le scuole sono rimaste nuovamente chiuse a causa dell’allerta meteo.
C’è chi lo giudica esagerato, chi semplicemente esulta per aver scampato un compito o un’interrogazione, e c’è chi invece si chiede se non sia davvero arrivato il momento di preoccuparsi seriamente, percependo quest’ondata di maltempo come un ennesimo segnale dalla natura.
Mahatma Gandhi diceva: ”la Terra ha abbastanza risorse per soddisfare i bisogni di ogni uomo, non l’avidità di ogni uomo.”
Ma quali sono le manifestazioni e le conseguenze di quest’avidità?
Durante la rivoluzione industriale si affermò il capitalismo, sistema economico che prevede la separazione tra il proprietario dei macchinari, l’imprenditore, ossia colui che investe i capitali, ed i lavoratori, vale a dire la classe operaia.
Obiettivo principe del capitalista è ottenere un guadagno quanto più possibile maggiore rispetto alla somma investita, e la storia ci insegna che nella maggior parte dei casi è stato messo da parte ogni scrupolo pur di raggiungerlo.
Per il funzionamento delle macchine industriali è necessario un ingente utilizzo di materie prime, che vengono spietatamente prelevate dai paesi in via di sviluppo secondo un sistema detto imperialistico.
Oggi i principali esponenti di questo sistema sono le multinazionali, industrie che coinvolgono almeno due Stati e che fondano il loro potere proprio sul controllo delle materie prime.
In Africa la maggior parte dell’acqua viene utilizzata per sostenere l’estrazione del carbone, mentre la maggior parte delle terre coltivabili viene impiegata in monocolture che non solo impediscono agli abitanti del luogo di coltivare prodotti per il proprio sostentamento, ma causano anche una fatale perdita di biodiversità.
La sopravvivenza di una specie vivente rende possibile la vita di tutte quelle che da questa dipendono, in un equilibrio tra gli ecosistemi.
Impadronirsi delle foreste pluviali, che sono le zone più fertili del pianeta, ed impiegarle nell’esclusiva coltivazione di un solo prodotto causa l’estinzione di moltissime specie vegetali, significativi mutamenti climatici e la produzione di cibi che, nonostante il frequente uso di pesticidi, sono più deboli e quindi più soggetti ad infezioni e malattie, il tutto a danno del consumatore.
Per non parlare delle opere di deforestazione che lasciano senza cibo e casa moltissime specie animali, che spesso cadono nelle dure mani dei bracconieri.
Risulta evidente dunque che al guadagno dell’imprenditore corrisponde un imperdonabile danno per la natura, e consequenzialmente per l’uomo stesso, che senza le sue risorse non può vivere.
Ma il danno operato dalle multinazionali non si limita alla raccolta delle materie prime: le industrie, infatti, emettono ogni giorno tonnellate di CO2(anidride carbonica) nell’atmosfera.
L’aumento dell’effetto serra che ne deriva è la causa, insieme alla sopracitata deforestazione, del riscaldamento globale.
Lo scioglimento dei ghiacciai, la scarsità di precipitazioni, l’aridità dei terreni, l’innalzamento del livello del mare, l’aumento di temperature sono solo alcune delle conseguenze.
L’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama nel 2015 ha attuato un provvedimento, il Clean Power Plan, per ridurre l’emissione di gas serra nell’atmosfera.
Ma Donald Trump lo ha recentemente annullato perché “quelle regolamentazioni uccidevano il lavoro”, violando in questo modo gli accordi di Parigi.
A questo punto noi siamo liberi di aderire alla sua posizione, secondo cui “Il concetto del riscaldamento globale è stato creato da e per i cinesi, per rendere non competitiva l’industria americana”; oppure possiamo prendere consapevolezza del fatto che siamo noi i responsabili dell’inquinamento di aria, terra, oceani e non possiamo più fare finta che questo non ci tocchi.
Le conseguenze delle nostre azioni, o della nostra passività, stanno arrivando in maniera velata: prima con un ottobre stranamente caldo, poi con venti e piogge straordinari, che hanno già fatto più di un morto.
Se non ci rendiamo conto di essere semplicemente parte della natura, e non suoi padroni; se non capiamo che danneggiando le altre specie danneggiamo per primi noi stessi; se non iniziamo a rimboccarci le maniche per cambiare le cose, temo davvero non ci resti che sperare nell’esistenza di un altro pianeta da colonizzare, e prosciugare.
Illustrazione di Laura Capaldi, 3E
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