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"S.O.S CHILE" di Simone Gargiulo IV C.

Il mese scorso, gli abitanti cileni hanno deciso di alzare la testa, provando a risolvere la grave situazione di disparità economica e sociale che vige nel loro paese. Per fare ciò, hanno dovuto fare i conti con la violenta politica di repressione attuata dalla polizia

 

 

 

Se nell’immaginario collettivo la data dell’11 settembre rimanda agli attentati terroristici del 2001 negli USA, nei cittadini cileni non può che evocare il ricordo del Colpo di Stato del 1973. Fu l’inizio di un incubo durato più di un decennio, del quale si rese responsabile il generale Augusto Pinochet, a capo dell’esercito che bombardò il Palazzo Presidenziale di Santiago, costringendo il Presidente in carica, Salvador Allende, al suicidio. Le dure politiche repressive nei confronti dei dissidenti provocarono – stando ai dati ufficiali del 2011- all’incirca 40000 morti, ma la sensazione è che siano stati molti di più. A molti cileni è sembrato, negli ultimi 2 mesi, di rivivere quest’incubo. Tutto è cominciato a inizio Ottobre, quando il Congresso nazionale ha approvato una legge che prevedeva l’aumento del costo del biglietto della metropolitana di Santiago da 800 a 830 pesos, il secondo rincaro dell’anno dopo quello di Gennaio. Il 18 Ottobre migliaia di passeggeri hanno iniziato a scavalcare i tornelli e a distruggere le stazioni. Successivamente la protesta si è allargata: l’edificio di Enel Cile, che gestisce la fornitura elettrica del paese, è stato bruciato. La popolazione s’è data al saccheggio di negozi, supermercati, uffici, fabbriche, costringendoli alla chiusura per il successivo weekend. In realtà, l’aumento del costo del biglietto era semplicemente la punta d’un iceberg: il Cile, sebbene sia in una fase di sviluppo economico, è uno dei paesi dell’America Latina a registrare una più alta disuguaglianza economica e sociale, con un ampio divario economico fra le élite e il ceto medio. La grande accusa rivolta al governo attuale e a quelli passati è di non aver mai ascoltato le esigenze delle retrovie. Il Cile è un paese dove Sanità, l’struzione e persino l’acqua sono state privatizzate. Il sistema pensionistico obbliga i lavoratori a versare, ogni mese, il 12% del loro reddito in un fondo pensione privato, i cui amministratori si arricchiscono con speculazioni finanziarie, restituendo ai pensionati soltanto una parte del 12% mensile da loro versato negli anni precedenti. Il costo della vita è aumentato, così come il costo delle case (+150% negli ultimi 10 anni), mentre il salario medio non decolla. Il 25 Ottobre, a Santiago, un milione di persone è sceso in piazza per ribellarsi, per chiedere riforme in grado di abolire disparità sociali ed economiche. Per far fronte a questa grave situazione, il presidente Piñera ha proclamato lo stato di emergenza nazionale - durato dal 19 al 26 Ottobre – e ha imposto il coprifuoco dalle 19 di sera alle 6 di mattina. Le forze dell’ordine sono state autorizzate a sparare sulla folla gas lacrimogeni e a gettare acqua per disperdere i manifestanti. Oltre ai 23 morti, si contano circa 3000 feriti, dei quali 287 hanno riportato lesioni oculari (a causa delle pallottole di gomma sparate dalla polizia) e non soltanto hanno perso la vista, ma avranno anche bisogno di sostituire gli occhi con delle protesi. In realtà, l’Università del Cile ha pubblicato uno studio che rivela che soltanto il 20% delle pallottole sparate erano di gomma, con l’80% di esse che era costituito da silicio, solfato di bario e piombo. Il Ministro della Salute ha promesso per i 287 feriti assistenza medica e psicologica gratuita, in quanto vittime politiche.

 

Emergono, col passare dei giorni, testimonianze raccapriccianti che vedono i poliziotti autori di violenze agghiaccianti: molteplici sono i casi di stupri, pestaggi, torture non soltanto nei confronti dei manifestanti, ma addirittura verso genitori che rientravano a casa dopo una giornata di lavoro, verso ragazzi che aspettavano l’autobus per andare a scuola. Si sta parlando molto della morte di Daniela Carrasco, “La Mimo” trovata impiccata il 20 Ottobre scorso, dopo aver partecipato alle manifestazioni. Ufficialmente, l’artista di strada sarebbe morta suicidandosi ma, secondo alcune testimonianze, Daniela sarebbe stata rapita dalle forze dell’ordine, stuprata, torturata e uccisa. Nei confronti di Piñera è piombata l’accusa di violazione dei diritti umani. Inizialmente, il capo dello Stato aveva condannato i manifestanti, ritendendoli dei delinquenti. In un secondo momento, invece, ha bloccato l’aumento del biglietto e ha aperto al dialogo con i cittadini, salvo rendersi conto – successivamente - della molteplicità dei motivi dello scontento. A quel punto ha deciso di fare un ulteriore passo indietro, chiedendo scusa alla nazione per non aver compreso in tempo la rabbia popolare, promettendo riforme sociali in grado di migliorare le condizioni di vita in Cile, ha chiesto ai suoi ministri di rinunciare ai mandati, in modo da riorganizzare il governo. Il 15 Novembre, Piñera ha annunciato la volontà d’indire un referendum ad Aprile per modificare la costituzione, ma ciò non ha frenato i manifestanti: il popolo si chiede se la proposta di una nuova costituzione sia credibile o soltanto un tentativo di arginare le proteste.

Simone Gargiulo IV C.

 

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