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"Come possiamo interagire con le altre persone senza ferirle?" di Ferdinando Esposito, 4B

Tutti noi abbiamo bisogno di interagire col prossimo. Siamo animali sociali. Da sempre, unendo le forze, siamo riusciti a raggiungere vette sempre più alte e ciò è dovuto soprattutto alla capacità di comunicare tra noi che abbiamo sviluppato grazie alla parola. Ma la parola stessa può essere distruttiva. Sofocle, nell’Antigone, definisce l’uomo in un modo molto particolare, lo chiama “δεινός” cioè straordinario ma anche terribile e spaventoso. Ciò perché l’uomo è in grado sia di compiere le imprese più grandi sia di commettere i crimini più efferati e ferire i propri simili. Questa è la natura umana, la natura per la quale continuiamo a commettere sbagli. Basta pensare infatti che dopo millenni di storia continuiamo ancora a combattere fra di noi.

Gli uomini compiono dei passi falsi, a volte inavvertiti ma altre volte causa di dolore per un gran numero di persone.

Ciò è inevitabile perché è legato alla natura umana, ma la domanda che dobbiamo porci è se è possibile limitare le implicazioni dell’interazione umana?

Ed è proprio qui che viene in nostro aiuto Arthur Schopenhauer, un filosofo tedesco vissuto nella prima metà del XIX secolo (1788-1860). In estrema sintesi; recuperò alcuni elementi dell'Illuminismo, del Platonismo e di alcune dottrine orientali. Affermò che l’unico modo che ha l’uomo per vivere una vita serena è limitare le passioni e i desideri emotivi, fisici e sessuali, aggiungendo che questi ultimi non sono altro che un inganno della natura, il cui unico scopo è la conservazione e la riproduzione della specie.

Senza ulteriori digressioni torniamo al punto principale. Questo filosofo risponde alla nostra domanda, “come si possono limitare gli errori commessi dagli esseri umani?” e qui viene in suo aiuto, e a nostro vantaggio, l’immenso amore e rispetto che provava per gli animali. Infatti ci dice che: “Si ha pietà di un peccatore, di un malfattore, ma non di un innocente e fedele animale che spesso procura il pane al suo padrone e non riceve che misero foraggio.”

Proprio dall’osservazione del mondo animale Schopenhauer ricavò un’importantissima tesi che ora desidero illustrarvi. Nel suo “Parerga e Paralipomena, volume II, capitolo XXXI, sezione 396; ci parla del “Dilemma del porcospino”.

In una fredda giornata di inverno una famiglia di porcospini, tenta di avvicinarsi per riscaldarsi. Subito dopo però essi si feriscono reciprocamente con le spine e a causa del forte dolore si allontanano. Ma, soffrendo il freddo, i porcospini provano nuovamente a scaldarsi avvicinandosi ma gli aculei fanno ancora da ostacolo. Solo dopo svariati tentativi riescono a trovare la distanza perfetta che permette di esaudire il loro desiderio di riscaldarsi, e di non procurarsi una sofferenza reciproca.”

 

Con questo racconto Schopenhauer vuole farci capire che l’uomo, animale sociale, per natura ha il bisogno di creare una società che sprona al dialogo e all’interazione con i suoi simili. Ma per farlo nel modo più adeguato e giusto possibile, ogni uomo deve trovare la giusta distanza che gli consenta di coesistere con gli altri senza ferire ed essere feriti.

 

Ferdinando Esposito, 4B;

Illustrazione di Clelia Carbone, 4E.

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