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"Democrazia: diritto o dovere?" di Anita Sorrentino, 5E

Tra pochi anni raggiungeremo l’età necessaria ad avere accesso al voto, ma siamo proprio sicuri che avere diciott’anni sia una qualifica sufficiente?

C’è chi, come il giornalista americano David Harsanyi, si schiera decisamente per il no.

Il co-direttore della rivista online "The Federalist" ha infatti pubblicato su "The Washington Post" un articolo in cui afferma che il voto di una persona ignorante non può avere lo stesso valore di quello di una persona informata.

Secondo Harsanyi l'esame di educazione civica che gli stranieri devono sostenere per ottenere la cittadinanza dovrebbe essere esteso a tutti, così da assicurarsi che votino solo i cittadini coscienti, almeno in linea generale, dell’assetto dello Stato di cui determineranno le sorti con i loro voti. 

 

Viviamo nello Stato in cui c’è la più alta percentuale di analfabeti funzionali. Queste persone hanno la capacità di leggere e scrivere, ma non quella di formulare pensieri complessi a partire dall’analisi di un testo: persone quindi facilmente manipolabili, perché incapaci di porsi in maniera critica di fronte a quanto sentono e vedono, incapaci di sviluppare un’opinione.

La massa. 

La massa, ci spiega Gustave Le Bon ne “la psicologia delle folle”, ha bisogno di idola (idoli ma anche ideologie) a cui aggrapparsi.

Studi psicologici hanno individuato un meccanismo all’interno del nostro cervello, chiamato "bias da conferma" , che ci porta ad ascoltare all’interno di un discorso unicamente quello in cui ci fa comodo credere.

Ebbene il populismo sfrutta proprio questo meccanismo, oggi soprattutto con l'uso dei Mass Media, per gettare le folle nelle grinfie del leader di turno.

Questi abilmente cavalca l’onda del malcontento costruendo motivazioni che si rivelano inconsistenti ad un'attenta analisi ma che corrispondono esattamente a quello che la gente ama sentirsi raccontare:

il governo ascolta ed ha a cuore le esigenze di tutti, la causa del problema è proprio lo straniero verso cui, proprio in virtù del suo essere altro da noi, nutriamo istintivamente paura e diffidenza, la soluzione poi non solo esiste, ma è a portata di mano, le cose cambieranno davvero,“noi siamo meglio di chi ci ha preceduti”.

Quale arma migliore dell’approccio critico per non lasciarsi abbindolare?

La realtà dei fatti troppo spesso va ben oltre quello che ci raccontano, e prima di dare fiducia ad un’ennesima promessa e di entusiasmarci leggendo l’ennesimo slogan dovremmo informarci, confrontare più fonti, più versioni dei fatti, tentare di capire come funzionano le cose “ai piani alti”, studiare la storia e la costituzione, chiederci sempre “ma io, sinceramente, cosa ne penso?” e confrontarci.

 

Molto dovrebbe fare la scuola, che troppo spesso anzicchè formare cittadini consapevoli sforna masse di ignoranti imbottiti di nozioni e per questo convinti di saperne più degli altri, “filologi e non filosofi” per dirla alla maniera di Seneca; o, peggio, a causa di metodi ed approcci sbagliati fa spegnere nel giovane il desiderio di sapere, portandolo talvolta addirittura a disdegnare la cultura.

 

Dunque la risposta sembrerebbe essere “sì: prima di votare abbiamo il dovere di informarci, la democrazia non può essere un diritto di tutti perché, come scrisse il quarto presidente degli Stati Uniti James Madison, il voto di un popolo non informato è il preludio di una farsa o una tragedia.”

 

Ma c’è chi invece milita nello schieramento opposto: la democrazia non può essere elitaria. 

Sarebbe ingiusto, infatti, non coinvolgere nelle questioni di Stato un cittadino che contribuisce all'economia pagando le tasse. 

Per di più parte di queste servirebbe a finanziare proprio i costosi test che potrebbero decretare la sua esclusione dalla politica. 

Le decisioni prese dal governo ricadranno anche su di lui, che quindi ha tutto il diritto di esprimere la propria preferenza durante le elezioni. 

Istituire prove di ammissione inoltre farebbe sorgere un'altra grossa questione: chi stabilisce i criteri di valutazione? 

Va da se che le forze politiche si muoverebbero per adattare il test al proprio “elettore tipo”, pilotando così i risultati delle prove.

Per non parlare di quanti rinuncerebbero perfino al tentativo, magari per paura di non essere capaci di rispondere alle domande. 

E, considerando l’esistenza dell’effetto Dunning Kruger, distorsione cognitiva per cui chi è poco esperto in un settore sopravvaluta le proprie abilità mentre chi è invece molto capace tende a sminuirsi, c’è il concreto rischio che proprio le persone meritevoli di votare si astengano dai test.

“Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio.” direbbe William Shakespeare.

 

Come si evince, la questione è decisamente aperta.

Democrazia: diritto o dovere?

 

A voi la risposta.

 

 

Anita Sorrentino, 5E;
Illustrazione di Clelia Carbone, 4E.

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