<<Solo una volta mi chiese se per favore gli mettevo su uno di quei quadri del suo amico pittore, appeso alla parete, proprio davanti al letto. Anche quella era una storia da non crederci, quella della collezione Plasson. Quasi tutti bianchi, se mi credete. Ma lui ci teneva tantissimo. Anche quello gli misi su, quella volta, era proprio bianco, tutto bianco, lui lo scelse tra tutti, e io glielo misi lì, che lo potesse vedere bene, dal letto. Era bianco, giuro. Ma lui lo guardava, lo riguardava, se lo rigirava negli occhi, per così dire.
- Il mare... - diceva piano.
Morì che era mattina. Chiuse gli occhi e non li riaprì più. Semplice. >>
È difficile riuscire a raccontare la vita di una persona. Specialmente se quella persona non sei tu.
Esistono infinite sfumatura di tono, di entusiasmi, di cicatrici... che mentre provi a parlarne, ti senti perso. E sei uno stupido se pensi di poter descrivere qualcosa di ineffabile.
Il problema è che non riesci a trovare le parole. Ogni cosa suona scontata, banale; circa il 75% delle cose raccontate ti sembra effimero.
E hai ragione. Ho ragione. Abbiamo ragione.
Vorresti semplicemente che qualcuno ti entrasse in testa, riuscisse a capire cosa tu stai cercando di dire, e lo dicesse e basta.
Raccontare una vita significa raccontare una storia. Personaggi cattivi, personaggi buoni, paesaggi: noi siamo storie.
E le storie di Alessandro Baricco non sono mai facili da raccontare.
Vi è mai capitato di essere costretti a rispondere a domande che... ecco:
- Conosci Baricco?
- Mai sentito nominare.
- Sai come scrive?
- Non ne ho idea.
- Mi consigli un suo libro?
- Non ho mai imparato a leggere.
Sono le risposte che vorrei dare alle rispettive domande. Ma non posso.
È uno scrittore (fino a qui ci siamo); scrive bene... (così sei troppo dettagliata per i miei gusti); Novecento (se specifichi che stai parlando di un romanzo e non di un periodo storico, grazie).
Mi sento di un ridicolo imbarazzante e, per l'appunto, divento rossa in viso, e comincio a gesticolare, cercando di trovare le parole giuste e i gesti giusti, per descrivere quei piccoli viaggi che ti fanno fare gli scrittori, come un'evasione concessa solo a te, che ti sembra durare una vita.
Così provo a descrivere "Novecento", ma non riesco a esprimere a parole la meticolosità con la quale Alessandro riesca a esprimere le sensazioni di stare su una nave, suonare la tromba, e conoscere Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, attraverso speranze e certezze di un uomo che per il mondo non esiste.
Commovente.
"Mi parli della trama?"
"C'è un trombettista, che... comincia a suonare su una nave... e c'è Novecento che suona il pianoforte... e lui è nato e cresciuto sulla nave... e non ci è mai sceso..."
Cioè, capite. Sembra una novella per bambini. Ma vi assicuro che non esiste autore più geniale di Alessandro Baricco.
Così comincio a pensare al libro più bello mai scritto dal suddetto autore. E mi viene in mente "Castelli di Rabbia", che ti porta seriamente a contemplare un castello di carte per un mese intero, "Seta", solo che, dovendo riassumerlo, direi una cosa del tipo 'lui è stato sgamato dalla moglie molto tempo fa'.
Ma penso a un altro libro. Il più difficile da raccontare. Non ha una fine, non ha un tempo e luogo definiti, non ha personaggi cattivi, non ha personaggi buoni, non ha colpi di scena, non ha una vera trama.
Ha infiniti finali, una definizione di paesaggio e di tempo da far piangere, dei gesti e delle sensazioni da far tremare entrambe le labbra, tanti protagonisti e molta acqua.
Questo è Oceano Mare.
Solo il fatto che il romanzo si ispiri al Mare è destabilizzante. Il Mare è inquietante, ti chiama di continuo, di giorno e di notte, e tu lo senti, e non puoi smettere di sentirlo. Il Mare ti chiama di continuo e non puoi farci niente. Lo ascolti. Il Mare si ascolta sempre. Tu non vuoi cedergli, ma è così. Ci ricaschi ogni volta.
Il Mare è tutto e il nulla. Il Mare non esiste. Il Mare si estende dappertutto; non hai punti fermi quando sei nel mare. Ci sei solo tu, la tua pelle, i tuoi respiri, e l'oceano intorno a te. Infatti la riva non esiste. Sulla riva tutto si cancella e non ha forma. Per questo non esiste. Rimane solo il Mare.
Il romanzo è ambientato nella locanda di Almayer, una locanda sul Mare, o qualcosa del genere. La locanda è gestita da una bambina, che sembra più grande. La locanda è il luogo dove tutti si riuniscono. I personaggi si ritrovano lì, ognuno coi propri timori e le proprie speranze.
C'è un pittore, Plasson, che cerca di dipingere il Mare col mare, raffigurando onde che sulla tela rimangono bianche. È anche muto. Ma tanto non hai bisogno di saper parlare quando sai dipingere.
C'è un professore, Bartleboom, di 38 anni, che scrive lettere d'amore ogni giorno alla sua donna, che si trova nel mondo e che è sua, ma che non ha ancora incontrato.
Donna che però, un giorno, leggerà tutte quelle lettere, che lui le aveva dedicato ancor prima di averla conosciuta.
Bartleboom è indissolubilmente legato a Plasson, come se fossero pezzi di puzzle creati da Dio che, imprecando, li aveva finalmente ritrovati. Se solo Dio esistesse, e imprecasse.
C'è una bambina Elisewin, troppa morta per vivere, e troppo viva per morire. Sarà il dolore più dolce a spezzarla, e farle ottenere ciò per cui sarebbe disposta a morire: la morte.
C'è Padre Pluche, il suo educatore.
C'è Madame Deverià, una bella donna, che ama una persona che non dovrebbe amare. Aveva una bella vita, e ha lasciato che si rompesse in mille pezzi. Quei cocci la tagliavano come coltelli.
C'è Adam, un uomo che parla di terre lontane, dove le donne dovevano coprirsi l'occhio perché gli uomini non riuscivano a reggere il loro sguardo, che parla di naufragi e uomini spietati. Un uomo che avrebbe preferito non vedere.
E infine, c'è il Mare. È il Mare che accomuna tutte queste cose. Tutti i personaggi, inusuali e differenti che siano, sono tutti accomunati da esso. Col suo potere deterrente e inibitorio, ma al tempo stesso assiomatico e incoraggiante.
Ci sono parole che hanno bisogno di trovarsi lì, in quel rigo, in quel paragrafo, in quella pagina. Alessandro riesce sempre a trovare il modo di suggerirti cose che avevi bisogno di sentirti dire: solo, non te ne puoi rendere conto fino a quando ti succede.
Bisogna leggerlo, il libro dico, per capire quello che sto cercando di dire. Non esistono parole per descrivere tale romanzo: ogni cosa non è giusta abbastanza, tutte frasi uguali. Quindi lo dirò così: peccato, dolore, tu, Mare, passione, respiro, profondo, tu, veleno, paura, amore, lui, rabbia, incertezza, speranza, l'altro, fragile, appiglio, locanda, Oceano.
Ma è difficile raccontare una storia; ti scivolano tra le mani un oceano di frasi, una mare di parole.
Questo è per me Oceano Mare.
Illustrazione di Lorenza Stabile, 3D
Fotografia di Adele Polito, 5E
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Alice (lunedì, 11 marzo 2019 21:42)
Amo libro e autore ed amo questo articolo