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"A cosa serve la libertà di parola?" di Gaia De Vita, 3N


Come è già stato ampiamente spiegato, l’intento di questo giornale è favorire la libertà di parola nell’istituzione della scuola. Ma che cos’è veramente la libertà di parola?

Certamente, è la facoltà di esprimere il proprio pensiero senza dover incorrere in rappresaglie e censure. 

La domanda che mi sono posta a questo punto è: ma senza la parola, a cosa serve la libertà? Se non c’è un pensiero da esprimere, a che serve averne la possibilità?

Quello che si cerca di fare con l’istituzione di un “giornalino scolastico” è infatti dare un mezzo agli studenti per informarsi ed informare gli altri, coltivare i propri interessi e le proprie passioni, affacciarsi su un mondo in miniatura come è la comunità scolastica. Tutto ciò al fine di sviluppare un senso critico, e non permettere poi a terzi di prenderci in giro.

Negli ultimi anni in Italia si è andato sviluppando un fenomeno sconcertante, che purtroppo non sta ricevendo l’attenzione che merita: l’analfabetismo di ritorno, ovvero una “Espressione riferita a quella quota di alfabetizzati che, senza l’esercitazione delle competenze alfanumeriche, regredisce perdendo la capacità di utilizzare il linguaggio scritto per formulare e comprendere messaggi” secondo la Treccani. Si è distinto poi un secondo fenomeno analogo, l’analfabetismo funzionale, che comprende la fascia di persone che le competenze necessarie alla vita non le ha mai acquisite.

Qualificare un analfabeta funzionale, o di ritorno che sia, è ovviamente complicato, e anche l’analisi più accurata può fornire risultati controversi. Secondo alcuni sondaggi risalenti al 2016, l’analfabetismo funzionale riguarda il 28% degli italiani, ovvero uno su quattro. Altre fonti riportano dati ancora più allarmanti.

Il risultato di questo fenomeno è una grossa fetta di popolazione priva di idee proprie, una massa informe di corpi che, non riuscendo a decifrare un discorso complesso, segue ciecamente ideali che magari nemmeno condivide, solo perché chi li espone ha toccato i tasti giusti. C’è poi chi, consapevole dei suoi limiti, si astiene dal farsi parte attiva della comunità e si lascia trascinare in balia della corrente. Sono persone incapaci di prendere decisioni consapevoli in ambito culturale, sociale e politico. Sono questi le cause della deriva catastrofica presa dal paese negli ultimi tempi, questo è il motivo per cui sberleffi, topiche, vituperi e citazioni fasciste sono la neolingua del potere, che sembra naturale e improvvisata ed invece è un pezzo della macchina del consenso.

Perciò io mi preoccupo, perché ci troviamo in un paese che non pensa, che non capisce, che non ha ideali. Lottiamo per la libertà, poi cosa ce ne facciamo? Siamo liberi, liberi di esprimere idee che non sono le nostre, liberi di odiare persone di cui saremmo amiche, liberi di parlare senza nemmeno sapere cosa stiamo dicendo. Per questo noi, gli studenti, dobbiamo appellarci all’intera comunità, predicando la cultura, l’informazione, affinché ognuno abbia le proprie idee, sia consapevole della realtà che lo circonda e sia libero, veramente libero di esprimersi.

 

 

 

le fonti sono per lo più tratte da “L’Espresso” e i dati del sondaggio Ocse-Piaac del 2016 sono forniti dal “Corriere della Sera”

 

 

 

Gaia De Vita, 3N;

Vignetta di Laura Capaldi, 3E

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